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O virtuale o niente

da | 14 Set 2020 | Digital, Marketing

Eventi virtuali? Si grazie. Il Forum Ambrosetti a Cernobbio con l’ologramma, tra gli altri, dell’ex segretario dell’ONU Ban Ki-Moon segnalato da TG e stampa nazionale, ha definitivamente sdoganato la tecnologia della realtà virtuale e fatto toccare con mano le opportunità del format digitale come elemento di valore aggiunto per il mondo degli eventi. Non più solo e soltanto una scelta obbligata nell’epoca del post lockdown e delle micro zone rosse ad libidum alla virtualizzazione degli eventi dovremo abituarci, almeno nel medio periodo.

Lo sguardo va al di là della comunicazione in streaming, e si sofferma in particolare su realtà aumentata e virtuale, alla luce delle nuove opportunità di ingaggio, viralizzazione dei messaggi, collaborazione con gli stakeholder e impatto che possono derivarne. Parliamo di eventi in senso lato, ovviamente, dalla presentazione di contenuti o dati aziendali, alle convention, dagli eventi stampa ai congressi, dalle iniziative di team building o a carattere formativo-educational, fino ai tour e alle visite aziendali e agli eventi collettivi e conviviali.

Lo scetticismo da parte delle aziende verso questo tipo di scelte probabilmente è ancora molto forte, sia per la mancanza di esperienza pregressa, sia per le perplessità di poter di “sostituire” le relazioni tra persone con la tecnologia, unita alla paura di dover sostenere investimenti elevati rispetto al tradizionale e di non riuscire a mantenere attenzione e coinvolgimento di partecipanti o speaker.

Ma saremo destinati a ricrederci e presto ci renderemo conto che quella degli eventi virtuali non sarà una moda passeggera.  Al settore degli eventi accadrà quello che è già stato con l’avvento dei social. Inizialmente ci siamo semplicemente trovati ad “adattare” contenuti e iniziative concepite offline alla logica del digitale, ma poi il paradigma si è via via capovolto spingendoci a una inversione opposta e oggi l’approccio vincente è quello della crossmedialità e in cui è spesso il social a guidare.

Del resto, ben prima del Covid, sapevamo che “tenere in sala” un numero rilevante di interlocutori e farli spostare dalle loro case o dai loro uffici era impresa sempre più difficile, rappresentava un costo spesso proibitivo e una modalità insostenibile anche dal punto di vista ambientale. Per non parlare degli eventi rivolti ai media con i giornalisti ormai sempre più legati ai loro desk in un ciclo della notizia h 24 che difficilmente giustifica lo spostamento di un redattore per prendere una notizia in presenza quando la si può raccontare attraverso dei buoni materiali di sintesi e da un buon corredo di immagini e tool di approfondimento.

Se usata bene, all’interno di un concept forte e in un contesto di profondità strategica, la tecnologia  può essere la leva in più in termini di stimolazione di interesse, posizionamento distintivo, capacità di ingaggio degli stakeholder chiave, diffusione su larga scala dei messaggi, visibilità mediatica estesa, competitività nel costo-contatto, ampiezza della partecipazione “reale”.

Senza contare che un evento digitale “vive” nel tempo e nello spazio praticamente all’infinito e se viene supportato da una strategica mediatica e social adeguata, non si esaurisce nell’arco di poche ore.

Quello che viene meno è il valore di un in termini di networking, si partecipa a un evento anche per instaurare o cementare relazioni e anche su questo punto sarà necessario prevedere dei meccanismi di condivisione dei contatti – previa richiesta di autorizzazione – tra coloro che entrano a far parte di una medesima “community” da attivare e coltivare attorno a una determinata iniziativa.

L’età degli eventi virtuali è solo cominciata e ora che tante grandi imprese come Facebook e Microsoft hanno cancellato tutti i loro eventi live fino a metà del 2021, sarà un susseguirsi di ispirazioni in un crescendo di sperimentazioni e creatività che andrà a beneficio di tutto il settore degli eventi. Per approfondire il tema con idee e soluzioni pratiche scarica il pdf